“1925-1965 BORGHI E VILLAGGI RURALI IN SICILIA -TUTTO SCORRE”

Fotografie di: Giuseppe Amenta, Gaetano Bonanno, Alfio Bottino, Valentina D’Alia, Giuseppe Fichera, Biagio Salerno, Daniela Sidari, Pietro Urso, Gianluigi Zaberto

Il successo del libro di Antonio Pennacchi, “Canale Mussolini” (ed il successivo “Fascio e martello”), ha riattivato l’attenzione intorno alle vicende legate alle progettazioni urbanistiche connesse col mondo dell’economia agricola.

In particolar modo, l’attenzione si è focalizzata sulle ambizioni politiche, economiche, urbanistiche portate avanti durante il ventennio fascista e, poi, proseguite nella nascente Repubblica: parliamo dei “borghi di fondazione”, diversi dai borghi sorti naturaliter; parliamo delle cosiddette città del Duce, volute nell’intento di cancellare il latifondo e dotare l’agricoltura di una strutturata forza lavoro legata in qualche modo alla personale proprietà fondiaria del lavoratore.

Un lodevole intento che naufragò prima ancora di decollare e si arenò successivamente negli ingranaggi delle politiche regionali. Stessa sorte subirono questi borghi in Sicilia seguendo sempre più una vicenda nazionale sempre meno interessata a questi progetti, e disaffezionata sempre più verso il mondo agricolo.

Inizialmente, però, sembrò che si stesse dando inizio a qualcosa di diverso, qualcosa di rivoluzionario: son bastati, invece, pochi decenni e tutto è andato in malora, tutto è caduto nell’oblio (con la debita eccezione dell’Agro Pontino); qualcosa è rimasto solo grazie agli studi accademici ed alla memoria degli antichi assegnatari.

Adesso, l’inventario fotografico di questa vicenda intende riprendere questa memoria e dai manufatti sopravvissuti (trattasi, invero, di interi complessi di edifici e di consistenti aggregati urbani) ripartire per formulare un sereno giudizio storico e politico.

I fotografi che hanno fatto l’impresa appartengono a generazioni differenti, a formazioni diverse, qualcuno di loro non è siciliano, ma tutti, dopo un serio approfondimento storico, sociale e urbanistico, hanno fornito un perspicace contributo che grazie all’uso peculiare dello strumento è divenuto un maturo contributo analitico oltre che critico.

Come considerare, infatti, queste rovine? Come pensarne la possibile utilizzazione? Come raccordare il borgo con la città? E poi, ne vale la pena? E questi anni di disinteresse come hanno influito sul paesaggio? E tornando ai nostri giorni: migliaia di profughi non ritroverebbero, forse, in questi borghi, strutture progettate per un futuro non lontano dai loro desideri?

Tanti pensieri, tante considerazioni hanno attraversato la riflessione del gruppo. Riflessione che si è fatta rilettura del paesaggio; un paesaggio come storia, come teatro, come annale della politica regionale siciliana. Rilettura come critica politica sulla mancanza di vigore da dare alle istanze di bisogno che pure si erano manifestate genuine e sincere ma, poi, furono travolte dalle sirene del nord ricco ed industriale.

I nostri fotografi sapevano di cimentarsi in un progetto originale e assai complesso (unico precedente in tempi moderni la fotografia di Donata Pizzi – ediz. Skira) ma occorreva una voce diversa, più distaccata da quella preziosa ma plaudente del palermitano Bronzetti, e ancora, da quella istituzionale della Regione Autonoma Siciliana. Occorreva uno sguardo che fosse, anche, vigoroso rimprovero per i tanti abbandoni, per le occasioni sprecate, per le speranze perdute.

Pippo Pappalardo

(Per informazioni sull’acquisto del libro “1925-1965 BORGHI E VILLAGGI RURALI IN SICILIA -TUTTO SCORRE” scrivere alla mail gfichera54@gmail.com)