SILENZI SOSPESI

MOSTRA FOTOGRAFICA DI

Serena Vasta

Nell’era dei super telefonini digitali è difficile da comprendere la passione per un oggetto “vintage” come la Polaroid. O meglio, è difficile da capire se non avete la passione per la fotografia e se non avete il tarlo della sperimentazione come invece lo ha Serena Vasta.
Giovane e promettente espressione della nuova fotografia, Serena (classe 1983) è cresciuta in un ambiente familiare che ha sicuramente stimolato la sua voglia di conoscere e sperimentare. Il viaggio e la fotografia sono sempre stati parte del suo bagaglio culturale, sebbene la concretizzazione di tutto ciò l’abbia trovata grazie al Gruppo Fotografico Le Gru di cui è socia attiva e produttiva da cinque anni. In questi cinque anni ha potuto apprendere le migliori lezioni dai più grandi maestri della fotografia italiana, come ad esempio Nino Migliori, il primo ad averla veramente ispirata lasciando un segno importante nel suo modo di concepire la fotografia. O come il fotografo e stampatore Antonio Manta, con cui Serena ha sperimentato per la prima volta il “gusto” di far rivivere una tecnica ormai considerata in via di estinzione come la foto Polaroid. Da brava sperimentatrice, lei conosceva e ammirava già la famosa macchinetta delle istantanee ma grazie ai preziosi consigli di Manta ha potuto scoprire una nuova magia: l’arte della “lavorazione”. Utilizzando infatti alcuni oggetti, molto simili agli attrezzi che usano gli scultori per modellare la creta, si può pressare la pellicola in fase di sviluppo tirando fuori gli elementi chimici che compongono l’immagine che, così stimolati, cambiano colore e danno un effetto speciale al risultato finale.
Una volta appresa l’arte, mancava solo il tocco personale per svilupparla. Ed ecco che sono entrate in gioco l’abilità e la sensibilità di Serena nel ricercare i soggetti, individuarli nel contesto anche grazie all’aiuto dei supporti digitali e poi nell’inseguirli e ritrarli con lo scatto “rullante” della Polaroid nel momento giusto … quell’attimo perfetto in cui scena, luce e condizioni si fondono per ottenere il massimo. In questa mostra possiamo ammirarlo tutti, il massimo: foto che somigliano a quadri, con “pennellate” e “macchie” create ad arte, con colori che rimandano ad una sorta di impressionismo o semplicemente al passato. Scenari di mare, o di un mercato, campagne malinconiche con foglie che stentano a cadere dai rami, monumenti fermati in un tempo color ocra con scalfitture e rigature che li rendono quasi dei murales d’altri tempi, o dei manifesti del XIX secolo dimenticati in un angolo. Profumi antichi che vengono trasmessi tramite gli occhi, seguendo un filo di altissima sensibilità d’animo, elemento indispensabile per liberare la fotografia dal legame freddo della tecnica (che pure deve starci) per renderla arte assoluta, che attraversa i secoli restando sempre viva. Un lavoro difficile che può realizzare solo chi non si spaventa a provare, riprovare, tornare, variare, giocare con le situazioni e con gli strumenti. Un lavoro da sperimentatori. Un lavoro da Serena Vasta.

Grazia Musumeci