VI Biennale d’Arte Fotografica Le Gru

La Fotografia di Paesaggio

Espongono

GABERTHÜEL Walter
GUIDI Eriberto
IACOMETTI Raoul
MAFFEI Renato
MONTI Luciano
SAFFO Alessandro
SAMBATARO Cirino
VANNOZZI Massimo

Il Consiglio Direttivo del Le Gru ha deciso di dedicare questa edizione della Biennale alla fotografia di paesaggio per rendere merito ad uno dei temi più importanti della fotografia.
La fotografia di paesaggio è per certi aspetti molto diversa dalle altre, può sembrare semplice perché il soggetto è fermo e ci coinvolge emotivamente; in realtà le componenti dei luoghi o delle situazioni sono tante e tocca al fotografo scegliere il miglior “punto di vista”.
La luce, le forme, i colori e la composizione sono elementi essenziali che il fotografo deve saper osservare per poter costruire la “scena” finale; inoltre, la luce è l’elemento primario perché ci permette di esaltare le caratteristiche e di personalizzare quel determinato paesaggio.
La sfida del fotografo, è quella di saper trasformare gli ampi spazi creati dalla natura e riuscire a racchiuderla in una ristretta visione e far si, che la stessa, a sua volta, diventi centro d’interesse per il fruitore.
Possiamo ben dire che tutti gli autori presenti in questa rassegna sono fra quelli che hanno dedicato gran parte del loro lavoro alla fotografia di paesaggio e di conseguenza conoscono tutti i segreti per interpretare e consegnarci delle immagini uniche.
La scelta degli autori, professionisti o meno, è stata variegata per dare una visione quanto più ampia possibile del genere. Le immagini che compongono la mostra sono intense, a volte “formali” e a volte delicate, ma senz’altro riescono tutte a trasmetterci intense emozioni.
Un sentito ringraziamento va agli artisti che hanno aderito alla manifestazione; ci inorgoglisce averli ospitati a Valverde, perché con le loro opere danno lustro alla manifestazione e rendono onore all’arte fotografica.

Il Presidente
Giuseppe Fichera, Efiap

 

VI Biennale 2009 bis

Quando ci si accinge a guardare un’immagine di paesaggio è lecito chiedersi: ma com’era realmente la scena che si presentava davanti agli occhi del fotografo? Questo antico genere, uno dei primi a svilupparsi all’atto dell’invenzione della fotografia, dai più considerato fortemente realista è, invece, uno dei generi più costruiti che conosciamo. Ovviamente questa mia affermazione ha un forte sapore di provocazione, ma fino ad un certo punto. Il limite alla provocazione sta nel fatto che il paesaggio in natura non esiste! Esiste il panorama, esiste la veduta, ma non il paesaggio! Esso, infatti, è una costruzione mentale e visiva dell’uomo, in questo caso del fotografo, che fra i tanti elementi che contiene la scena che gli si pone davanti, seleziona quelli che ritiene più significativi, eliminando di fatto tutto il resto.
Il principio visivo che sta alla base della fotografia è quello del taglio. Un uomo con una macchina fotografica in mano è molto simile, come atteggiamento, ad un uomo con un paio di forbici in mano. E’ cosciente che utilizzerà il suo mezzo, per dar risalto a qualcosa, escludendo tutto il resto. Con questo non voglio dire che il fotografo stravolga la realtà, ma il processo di esclusione rompe l’oggettività della visione, introducendo una proposta estremamente soggettiva, ma non per questo meno valida.
La storia della fotografia ci ricorda un certo numero di fotografi che hanno dedicato la loro attenzione in prevalenza al paesaggio, ma il loro è un numero nettamente inferiore a quello di colori i quali si sono occupati di reportage e di ritratto, segno che quello del paesaggio è un genere affascinante ma controverso. Al contrario di quanto si possa pensare, infatti, il paesaggio, dal punto di vista esecutivo, è uno dei generi più difficili. E’ vero che il soggetto è statico e non ci crea problemi, è lì e non si muove. Ma è pur vero che compito del fotografo è quello di “ritrarre” un soggetto tridimensionale riportandolo su un supporto bidimensionale. Tale principio è valido per tutti i generi fotografici, ma per il paesaggio è valido due volte! Di un volto noi possiamo intuire, pur non conoscendo il soggetto, quali siano le sue proporzioni, di un paesaggio no! I piani inclusi nell’inquadratura del fotografo, salvo casi di tagli estremi, sono sempre numerosi e come, noi che guardiamo la fotografia, possiamo ricostruire mentalmente la profondità di questa scena? Missione impossibile? No, se il fotografo è stato talmente bravo da rendere al meglio la scena stessa. Parlando di resa non dobbiamo dimenticare che il paesaggio non è solo profondità, ma anche tonalità … di colori o di grigi. E sì, anche di grigi! Perché se guardiamo un attimo indietro, tra i più grandi esponenti di questo genere fotografico, spesso ricordiamo fotografi che hanno operato esclusivamente in bianconero. E’ il caso di Timothy O’Sullivan con il suo intento fortemente documentativo; ma è anche il caso di Edward Weston con il suo intento estetizzante; ma è anche, e soprattutto, il caso di Ansel Adams con il suo intento di rendere in immagine la grandiosità della natura, in tutti i suoi minimi dettagli, che, per meglio ottenere il suo scopo, arrivò ad inventare addirittura un procedimento di ripresa e stampa chiamato sistema zonale.
Quello del paesaggista è quindi uno dei mestieri fotografici più difficili, ma al tempo stesso più affascinanti. Le possibilità sono infinite, basta avere pazienza, saper aspettare il momento giusto, la luce giusta e nel frattempo godersi la natura. Il paesaggista è un pò come il pescatore, deve saper attendere che il suo pesce abbocchi per portare a casa qualcosa, ma, purtroppo per lui, a differenza del pescatore, non può rimediare ad una giornata sfortunata andando in pescheria.

3nzo Gabriele Leanza, Afi-Efiap
Docente DAC-FIAF

Patrocinio FIAF
V21-2007